3.ACCETTAZIONE

 

Fondamentale è l’accettazione della malattia.

Una diagnosi di malattia cronica arriva spesso dopo un lungo percorso di malessere e di incertezza diagnostica, specialmente per le malattie meno frequenti se non rare come la sclerodermia, e crea una sorta di frattura tra il “prima” e il “dopo”.

Ma come si accetta l’inaccettabile?

L’accettazione è un processo dinamico, che si snoda nel tempo. Si tratta di una ricerca di equilibrio – in relazione ai cambiamenti che si verificano nel mondo interno ed esterno –, in cui è necessario elaborare aspetti emotivi quali la rabbia e la depressione, e che permette di cogliere sia i limiti e i vincoli da una parte, che le opportunità dall’altra.

L’accettazione e il riconoscimento della propria condizione implica l’assunzione di un ruolo attivo da parte della persona, che in questo modo ha l’opportunità di cercare un migliore adattamento e il migliore sviluppo personale possibile nella nuova situazione in cui si è trovato a vivere (che comporta necessariamente una ristrutturazione a tutti i livelli: fisico, psicologico, relazionale, esistenziale, sociale ecc.).

Una delle conseguenze più evidenti di una diagnosi di malattia cronica è lo sconvolgimento dei progetti e delle proprie mete significative, richiedendo una vera e propria ristrutturazione del senso che la persona dà alla propria vita, ossia dei motivi che rendono la nostra vita degna di essere vissuta.

Strettamente connesso al senso della vita è il ricostruire l’identità: la malattia cronica crea una forte cesura nel senso d’identità della persona che riceve la diagnosi e che vive questa condizione, sia sul piano fisico che relazionale e sociale. Il rischio è che la persona si identifichi con il sé malato, impoverendo la propria identità; spesso un sistema sanitario che segue un paradigma riduzionista concorre a questo, ignorando la persona nella sua complessità, ad esempio non fornendo un percorso integrato, non dando spiegazioni e informazioni adeguate, non ascoltando le esigenze e le richieste del paziente. Nel processo di ristrutturazione esistenziale connesso alla condizione di malattia un aspetto centrale è il senso di autoefficacia[1]. La condizione di malattia, rendendo difficoltose se non impossibili molte attività prima abituali, può abbassare il senso di autoefficacia fino a creare un senso di fallimento e coinvolgere l’autostima nel suo complesso. Ciò rende necessaria una ridefinizione delle priorità e degli obiettivi per evitare sia l’autolimitazione che il porsi mete irraggiungibili, che inciderebbero negativamente su autoefficacia e autostima[2].


                                                                           
 A cura della Dr.ssa Francesca Nicoletti

psicologa che, dopo aver conseguito un master in PNEI (psico-neuro-endocrino-immunologia), si occupa di sostegno psicologico nella cronicità, psico-educazione, scrive contenuti sulle caratteristiche psicologiche dell’autoimmunità e partecipa a convegni che mostrano spiccato interesse alla cura integrata. Coordina un gruppo di lavoro per l’ordine degli psicologi della Calabria sugli IAA (interventi assistiti con gli animali). Quando non lavora si gode full-immersion negli splendidi paesaggi naturalistici della Calabria in compagnia dei suoi fedeli pelosetti Kimi e Milù. Seguila su Facebook

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[1] “convinzioni circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati”, Bandura, A. (2000). Sviluppo sociale e cognitivo secondo una prospettiva agentica. In G.V.Caprara, Fonzi (a cura di) L’età sospesa. Giunti, Firenze

[2] Vera Savigni (2025-2016), Aspetti psicologici nelle malattie sistemiche, Tesi di Diploma Master II Livello in Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia e Scienza della Cura Integrata: “Effetti di trattamento integrato di tipo PNEI sul quadro clinico e sulla qualità di vita di una donna affetta da Sclerosi Sistemica Diffusa (ScSD). Variazioni del punteggio del test SF36 osservate dopo sostegno psicologico, trattamento osteopatico, meditazione, training cognitivo, dieta specifica. Proposte di protocolli di studio futuri”, Emanuele Caprari, Francesca Nicoletti, Emiliano Rossi, Vera Savigni

Fonte: Bonino, S. (2006). Mille fili mi legano qui. Vivere la malattia. Edizioni Laterza, Bari





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